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Pienza, l’utopia toscana e il pecorino… sardo

Il sogno rinascimentale di un’utopica connessione tra Stato, governato saggiamente, e città, urbanisticamente ordinata secondo i principi della pura geometria, sfociò nel mito della cosiddetta “città ideale”.

Questa aspirazione prese forma in un piccolo centro della Toscana, Castello di Corsignano, patria di Enea Silvio Piccolomini, al secolo Pio II.

Il papa, fine interprete e promotore della visione del suo tempo, tra il 1459 e il 1462 plasmò l’intero assetto del borgo, grazie ai progetti dell’architetto Rossellino, e lo elevò a rango di città e sede vescovile, mutandone il nome in Pienza.

Pienza, città ideale rinascimentale, nasconde un piccolo segreto, quello del suo pecorino, detto anche cacio. Scopritelo nell’articolo!

Palazzo Piccolomini e il primo giardino pensile rinascimentale

La residenza papale (e dei discendenti fino al 1962), Palazzo Piccolomini, presenta una facciata tipicamente quttrocentesca.

Pienza, Palazzo Piccolomini
Pienza, Palazzo Piccolomini.

Sul lato sud, superata la corte interna, si entra nel primo giardino pensile rinascimentale. Un piccolo giardino all’italiana, dal disegno geometrico, segnato da filari di siepi potate con cura e da aiuole fiorite, in stretto dialogo con il paesaggio, con una vista straordinaria sulla Val d’Orcia e sul Monte Amiata.

Pienza, Palazzo Piccolomini, giardino pensile.
Pienza, Palazzo Piccolomini, giardino pensile.

Il giardino è qui esempio di bellezza e di equilibrio, metafora della città e prefigurazione di una società ben ordinata, in armonia con la natura e con il paesaggio. È luogo idilliaco di contemplazione e meditazione, nella perfetta fusione di uomo e natura.

Al primo piano trasformati in museo, si trovano gli appartamenti, sontuosamente arredati.

La cattedrale: cedimenti di ieri e di oggi

Per volere del papa, la cattedrale è l’edificio preminente sull’area per importanza ed impatto visivo. Sorge infatti sul lato lungo della piazza trapezoidale, con la magnifica facciata in travertino.

L’interno a tre navate di uguale altezza, come nelle chiese d’Oltralpe, è inondato dalla luce che penetra dalle grandi vetrate gotiche.

Pienza, Museo Diocesano presso Palazzo Borgia, rendering della Cattedrale e Palazzo Piccolomini.
Pienza, Museo Diocesano presso Palazzo Borgia, rendering della Cattedrale e Palazzo Piccolomini.

Al momento della nostra visita la chiesa era in restauro, con la facciata completamente sottratta alla vista a causa delle impalcature. Purtroppo i problemi strutturali sono comparsi già dalla sua edificazione a causa di uno smottamento verso valle, di tutta la parte absidale. Non si tratta quindi di carenze o difetti di concepimento, ma dell’infelice scelta del terreno di posa. Dal 2004 è stato installato un sistema di monitoraggio per controllare l’evoluzione nel tempo delle lesioni.

Storie di virtuosa contaminazione

Per la pausa pranzo, assaggiate l’eccellenza locale, trait d’union tra la Toscana e la Sardegna.
Vi racconto una storia di virtuosa contaminazione:
Sappiamo tutti come in queste zone pecore e pecorino appartengano alla tradizione, tanto che in settembre alla Fiera del Cacio, potrete assistere al tradizionale gioco del Cacio al Fuso.
Ma come scritto nell’articolo “Val d’Orcia con i bambini: cartoline inedite dalla Toscananegli anni Cinquanta/Sessanta contadini, allevatori (e pecore) erano spariti, in un fuggi fuggi verso una nuova chimera, la città. I giovani avevano lasciato le terre dei loro padri e dei loro nonni per la fabbrica, per una vita più comoda.
In Sardegna invece agricoltori e allevatori abbondavano. In occasione della bonifica e della trasformazione fondiaria di tutta la Val d’Orcia, il governo italiano cedette a prezzi agevolati a contadini sardi grandi appezzamenti di terra. I coloni, con pecore, armi e bagagli, si trasferirono in Toscana, introducendo nella produzione di pecorino la loro rinomata abilità.

Pienza, golosa esposizione di pecorini.
Pienza, golosa esposizione di pecorini.

Per questo il vero pecorino di Pienza è fatto con latte di pecora della razza sarda, allevata allo stato semibrado. Il latte viene pastorizzato e stagionato in barrique di rovere per almeno novanta giorni.

La Pieve di Corsignano, Medioevo a Pienza

Per digerire il gustoso tagliere appena pappato, arrivate (a piedi!) fino all’antica Pieve di Corsignano, un frammento di Medioevo a quindici minuti dal centro. Immersa tra gli ulivi, in posizione panoramica, la pieve presenta poche immagini classiche della cristianità ed abbonda in figurazioni pagane: mostri e simboli della mitologia e tradizione popolare, appaiono nelle vesti di pesci, sirene e arieti, com’era uso nei bestiari medioevali.

Pienza, pieve di Corsignano.
Pienza, Pieve di Corsignano.

Dalla fusione di credenze popolari e dottrine religiose ed intellettuali, ha origine questa potente iconografia scolpita nell’arenaria e carica di significati allegorici.

Pienza, Pieve di Corsignano.
Pienza, Pieve di Corsignano.

Non perdetevi questo luogo magico, potreste essere catapultati (come è successo a noi) in un cunicolo spazio temporale.

Informazioni e dritte a Pienza

Innanzitutto, non fate il nostro stesso errore, di fermarvi al primo ufficio turistico “Prospettiva Pienza” in Piazza Dante Alighieri. Almeno con noi, gli impiegati non si sono minimamente preoccupati di informare, ma solo di vendere la loro guida.

L’ufficio turistico comunale ufficiale è in Corso Rossellino, presso Palazzo Borgia.

Per quanto riguarda il famoso tagliere di cui sopra, assolutamente consigliato Sette di Vino, locale spartano ed economico che propone prodotti genuini di eccellente qualità, lavorati con semplicità e maestria. Meglio prenotare!


Teresa Scarselli
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Commenti su “Pienza, l’utopia toscana e il pecorino… sardo

  • Sono andata a cercarla sulla mappa: purtroppo conosco molto poco questa parte di Toscana! Sto meditando un lungo giro in Val d’Orcia per riempire queste grandi lacune delle mie conoscenze turistiche. Mi attira moltissimo questo paese e soprattutto mi interessa il tagliere…

  • Ho visitato Pienza alcuni anni fa: è davvero molto carina! Non amo il pecorino, ma non sapevo assolutamente di questa emigrazione interna tra Sardegna e Toscana! Molto interessante! Grazie

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